Estratto dall’intervista al Financial Times del presidente ABO Marcello Orsini 2015
Quali sono I fattori determinanti per l’inserimento di top manager italiani nei ranghi internazionali?
Il problema sostanziale, è quando da assicuratori si vuole diventare finanzieri, induci quindi la società a investire, comprando le partecipazioni più disparate.” Non si fa un buon servizio. “Quando usando i soldi dei risparmiatori che si vorrebbero ben gestiti, si comprano invece un pezzettino di Telecom e l’1%, di una banca russa, si mettono a repentaglio oltre 2 miliardi con un altro finanziere come il ceco Kellner, oppure ci si impegna nell’operazione Citylife a Milano in piena zona Garibaldi, in una percentuale che nessun immobiliarista farebbe.
“Quindi secondo me, serve un Solido curriculum di studi, qualificata esperienza e tradizionali doti di flessibilità, creatività, innovazione e cultura che contraddistinguono un buon manager da un rovina aziende. E questo è da sottolineare -. La crisi ha spinto molti manager di valore a cercare opportunità qualificate all’estero, perché in Europa le carriere sono bloccate o le prospettive incerte”. L’ascesa verso la stanza dei bottoni delle multinazionali, tuttavia, non è facile. In una mia relazione, ho stilato un decalogo delle qualità che un manager deve possedere per impegnarsi nella “scalata globetrotter”.
Occorre, ovviamente, una disponibilità a trasferirsi in diversi Paesi ogni 2-3 anni. Bisogna essere consapevoli che la trasferta è spesso “senza ritorno”. Ci sono grandi sacrifici da affrontare, specie per la famiglia. Alcuni manager scelgono di portare con sè partner e figli, altri mantengono la base nel proprio paese di origine, e affrontano trasferte solitarie con viaggi periodici. Sul piano professionale, inoltre, occorre maturare un’esperienza variegata, ricoprendo diversi incarichi in differenti Paesi. E’ poi necessario assimilare a fondo la cultura della casa madre. “I top manager di una multinazionale devono diventare come i francesi se il quartier generale è a Parigi, come gli americani se è a Chicago e come i tedeschi se è a Francoforte”.
Dott. Orsini, lei afferma nella sua relazione al International Monetary Fund, che spesso le attività illegali del sistema finanziario, ciò che lei definisce “illegalità legittima”, sono spesso tollerate dagli Stati, ancora oggi dopo lo scoppio della crisi economica e i top-menager, non si rendono conto del loro coinvolgimento. Perché?
Perché attraverso la deregolamentazione, gli Stati ancora oggi lasciano che siano i mercati a fare le loro leggi e quindi con responsabilità dei manager. Quando parlo di “illegalità legittima” mi riferisco al privilegio che abitualmente appartiene agli Stati di poter infrangere la legge. Infatti, ciò che caratterizza lo Stato è l’avere il monopolio della forza. Lo Stato è colui che fa le leggi e nella sua azione può, in alcune circostanze molto limitate, anche infrangerle. Questo privilegio che appunto è chiamato “illegalità legittima” è stato delegato nel corso degli anni dagli Stati ai mercati finanziari. Questo era già accaduto in passato quando in alcuni Paesi il privilegio dell’illegalità legittima era stato trasferito a organizzazioni criminali come la mafia. Ma oggi questo privilegio è stato completamente abbandonato ai mercati finanziari e ai loro manager, ciò spiega la forte criminalizzazione dell’economia e della finanza, come anche tutti i legami che si sono stabiliti tra le mafie e il sistema economico e finanziario.
Qual è il ruolo delle mafie in questo quadro?
Personalmente credo che le mafie oggi, contrariamente a quello che si possa pensare, non sono il motore della criminalità economica e finanziaria. Penso piuttosto che queste vi siano totalmente implicate, ma che abbiano solo una parte in questi fenomeni, un ruolo specifico. Principalmente operano lì dove i settori economici legali non arrivano a spingersi. Prendiamo per esempio la questione dello smaltimento dei rifiuti, un problema che tocca fortemente numerosi Paesi e che riguarda sia i rifiuti industriali, sia i rifiuti urbani. Il costo della gestione dei rifiuti è enorme e chi si trova a dover affrontare questo problema, tanto le amministrazioni pubbliche, quanto le imprese private, può essere tentato, e spesso lo è, di affidare lo smaltimento a imprese controllate da organizzazioni criminali. La ragione di questo comportamento è spiegabile con i bassi costi che queste aziende propongono, decisamente inferiori a quelli che sarebbero normali per trattare correttamente i rifiuti in questione. Le ecomafie, non rispettando le procedure di smaltimento dei rifiuti, producono danni incalcolabili abbandonando nell’ambiente rifiuti tossici e altamente inquinanti, come per esempio quelli nucleari o medici. Ma sono dei soggetti legali che si avvalgono di questi servizi pur di avere dei risparmi su questa voce di bilancio.
Secondo lei è possibile fare delle stime sui capitali coinvolti in questi fenomeni criminali?
A mio avviso non è possibile fare delle stime credibili. Per due ragioni. La prima è che tutto ciò che è occulto, che è nascosto, ovviamente non può essere definito con precisione. Alcuni provano a fare delle valutazioni sulla quantità dei capitali coinvolti o derivanti da attività economiche o finanziarie illegali, ma le scale sono così ampie che non ha alcun senso fare queste operazioni. Qual è la ragione per cui un dato viene moltiplicato per tre o per dieci? In questo campo è tutto molto arbitrario. La seconda ragione, quella a mio avviso più importante, è legata al fatto che, come spiegavo prima, oggi non è possibile distinguere tra economia legale ed economia illegale, tra la colpevolezza dei manager finanziari e invece la loro piena estraneità dei fatti. L’economia illegale fa parte dell’economia legale. Ritorniamo all’esempio dello smaltimento dei rifiuti. Si potrebbe fare un calcolo dei profitti prodotti dalle ecomafie in questo genere di attività. Ma questo non terrebbe conto dell’intero sistema economico. Perché anche le aziende che si avvalgono di questo tipo di servizi otterranno profitti più elevati attraverso l’abbassamento dei costi dello smaltimento dei rifiuti. I vantaggi sono, quindi, sia per le mafie che si occupano dello smaltimento, sia per le imprese che si rivolgono a loro per aumentare i propri guadagni. C’è dunque una stretta interconnessione tra economia legale ed economia illegale e la criminalità è una parte integrante del funzionamento delle nostre economie. Soprattutto per questo motivo dobbiamo intervenire sui giovani manager e riuscire a portarli sulla consapevolezza delle loro azioni in termini di Finanza.